Per quanto da qualche anno si parli e si sia scritto di un fantomatico Codice Romanoff, custodito presso l’Hermitage di San Pietroburgo e da qui scomparso (il Museo ne ha sempre negato l’esistenza), che ci fornirebbe i connotati di un Leonardo da Vinci gestore di osterie a Firenze e ideatore di ricette molto innovative alla corte sforzesca di Ludovico il Moro, nelle oltre 13.000 carte del genio di Vinci pervenuteci non si trova traccia di prescrizioni gastronomiche.
Indubbiamente Leonardo fu un grandissimo ideatore di scenografie conviviali, quindi anche di “macchine” per i banchetti e per la cucina. Molti dei suoi disegni servirono a illustrare i soggetti del tema a cui si ispirava la tavola (di solito, come si usava dopo la metà del Quattrocento, di carattere mitologico) o a rendere più movimentati gli spettacoli che l’affiancavano e che si inserivano tra le varie portate. Del maestro ci sono pervenuti schizzi di palchi teatrali con argani e carrucole per i cambiamenti di scena, di macine, di abiti e costumi per le “mascherate”, di grandi girarrosti.
Il foglio 21r del Codice Atlantico ci mostra appunto due immagini di girarrosti di sua ideazione: uno azionato da un contrappeso, l’altro dall’aria calda sollevata dai fuochi e incanalata tramite una rotazione proporzionale all’intensità delle fiamme stesse.
Come ha scritto Sandro Masci (in “Leonardo da Vinci e la cucina rinascimentale”, Roma 2006), tutto andava ad esaltare “indiscutibilmente la vera valenza del banchetto rinascimentale: una rappresentazione coreografica globale e non solo un momento conviviale dedicato al cibo. Tutto è grandezza, tutto deve suscitare stupore”.
È ordinabile online ai link seguenti “La cucina medievale: umori, spezie e miscugli” di Laura Malinverni, edito per Italia Medievale, con annotazioni, ricette, curiosità e cronache di banchetti del Medio Evo, in particolare del Trecento.
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