Pare che la prima traccia scritta della “Spongata de Bersello” si trovi in una lettera che il Referendario Generale di Parma inviò nel 1454 a Francesco Sforza, duca di Milano, assieme ad altri doni per il suo signore. Tipico dono “goloso”, che poteva anche sancire accordi politici, la spongata figura nella lista delle prelibatezze inviate nello stesso periodo «per Modena e Ferrara» al “Magnifico Borso d’Este”, duca ferrarese.
Nei documenti cinquecenteschi dell’Archivio di Modena si trovano varie note posteriori della badessa Eleonora d’Este, figlia di Lucrezia Borgia e Alfonso I d’Este, riguardanti spongate inviate per Natale da Brescello al duca di Ferrara. In quel tempo la preparazione del dolce era vietata in Quaresima, perché considerato troppo ricco. Il termine spongata deriva forse da “spugna” e si riferisce ai piccoli buchi che ne caratterizzano la superficie, o dall’aspetto spugnoso dello zucchero che la ricopre. Piatta e rotonda, ha sapore speziato, con una crosta croccante e un interno morbido, molto profumato.
Appartiene ai tipici “pani dolci” di Natale arricchiti, ed è a base di pinoli, noci, cannella, scorza d’arancio, zucchero, con aggiunte e varianti comprendenti miele, amaretti, pane tostato e vino bianco. Di esso si ha notizia fin dal Trecento, come del suo lungo ciclo preparatorio, che copriva tre giornate. Ma alcuni fanno risalire l’origine della spongata ai tempi dei Romani, e alla sua presenza nella cena di Trimalcione, mentre altri collegano questo dolce alle influenze culinarie ebraiche in ambienti emiliani. Considerato un dolce tipico emiliano, la “spunghèda”, o “spungä”, viene preparata soprattutto a Busseto, Piacenza, Modena e Reggio Emilia, ma è conosciuta anche in Liguria, in Toscana e in Lombardia.