In queste due ricette, Maestro Martino, oltre a descrivere la preparazione della mostarda di senape, nelle due versioni, dolce e forte, ci informa che questa salsa poteva anche essere portata “in pezzi”, durate le cavalcate, e stemperata nell’agresto al momento di essere consumata. Nei ricettari trecenteschi compariva anche la preparazione della mostarda di frutta, a frutti interi (mostarda di Cremona, la prediletta già dai tempi dei Visconti) o fatti in piccoli pezzi (mostarda vicentina), la cui origine non è tuttora molto chiara, ma questa è un’altra storia…
Mostarda
“Piglia la senepa et mettila a moglio per doi dì mutandogli spesso
l’acqua perché sia più biancha, et habi delle amandole* monde et piste
como vogliono essere. Et quando seranno ben piste metterai con esse
la ditta senepa, et di novo le pistarai inseme molto bene. Poi habi
di bono agresto overo aceto pistandogli etiamdio una mollicha di
pane biancho; poi distemperala et passala per la stamegnia**. Et fallo
voi lo dolce o forte como ti piace”.
Mostarda da portare in pezzi cavalcando
“Habi la senepa et pistala como è ditto di sopra, et habi de l’uva
passa molto ben pista; et con le ditte cose mitti de la cannella, un
pochi de garofoli***. Poi ne poterai fare pallottole tonde a modo di
quelle che se tragono con l’arche, o pezoli quadri di quella grandeza
che ti pare et ti piace; et li metterai per un pezo ad asciucchare
sopra una tavola, et sciutti tu li poterai portare de loco ad loco
dove tu vorrai. Et quando li vorrai usare li poterai stemperare
con un pocho d’agresto, o aceto, o vino cotto”.
* amandole: mandorle
** stamegnia: stamegna, tela fatta di stame per colare alcune vivande
*** garofoli: chiodi di garofano
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