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Maestro Martino riporta una ricetta piuttosto singolare: una minestra, quindi un cibo di consistenza brodosa, a base di carne bianca (di volatile) tritata con mandorle e amalgamata con rossi d’uovo, zucchero e spezie. Si sa che nel Medioevo in cucina era consuetudine accostare nella preparazione delle vivande sapori contrastanti e che in particolare il gusto agrodolce conobbe grandissima fortuna, affiancato, soprattutto nel Basso Medioevo, da quello dolce: almeno a partire da quando lo zucchero, in precedenza alimento che simboleggiava il lusso e che era più ricercato delle spezie, divenne più economico…
“Per farne dodici menestre, pigliarai una libra* d’amandole [mandorle] senza mondarle, et piste che siano molto bene habi del petto d’un cappone o altro ocello qual ti piace cotto allesso, o arrosto como tu voi, con quattro rosci [rossi] d’ova, pistandogli bene con le ditte amandole, giungendovi poi meza libra di zuccharo, del cinamomo, zenzevero [zenzero], et un pocho di zafrano [zafferano]. Poi con brodo di pollo grosso, o altro bon brodo et un pocho de agresto distempererai la predicta compositione passandola per la stamegna**. Et poi la porrai sulle brascie [braci] assai remota dal focho acciò che non pigli del fumo; et menala de continuo col cocchiaro, et lassala bollire per spatio d’una hora. Notando ben che quando serà meza cotta vel circha mettevi dentro doi once*** di bono strutto, o de butiro [burro] frescho; poi fa’ le menestre, et mectevi dentro le spetie dolci”
* libra: libbra, misura equivalente a circa 300 grammi
** stamegna: sorta di colino fatto di stame di lana
*** once: 1 oncia era pari a circa 30 grammi