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Una torta raffinata e un po’ sorprendente per il moderno gusto, che unisce alle biete fritte la polpa dei gamberi e le uova di luccio, le mandorle con il loro latte, e poi uvette, fichi e zucchero… La “torta” nel Quattrocento, dolce o salata che fosse, o più fequentemente agrodolce, secondo una preferenza di gusto molto diffusa all’epoca, era da intendersi formata da due strati di pasta, uno inferiore e uno superiore, che racchiudevano composti di varia natura; si differenziava dal “pastello” o “pastero”, che era una vera e propria “cassa” di pasta con coperchio, riempita all’interno con carni a bocconcini o tritate, abbinate a formaggio, verdure o frutta…

Habi li gamari et falli allessare, et d’essi caverai tutto quello che è bono, et pistaralo molto bene nel mortale [mortaio]; et farai di bon lacte de amandole bene stretto, passando le dicte amandole o lacte per la stamegna [colino o setaccio con strame di lana], con un poco d’acqua rosata, et non avendone, in loco di quella, serà bono il brodo di peselli, o de cici [ceci] bianchi franti [spezzati]; et con queste cose pistarai molto bene un pocha de uva passa, et quattro o cinque fichi [presumibilmente secchi], agiognendovi anchora un’altra pocha de uva passa sana, un pocho de petrosillo [prezzemolo], et maiorana, et vieta [biete] fritte in prima un pocho in bono oglio, et battute ben menute col coltello, agiongendovi del zenzevero [zenzero] et de la canella, et zuccharo. Et questo tal pieno overo compositione vole essere ben pisto nel mortale. Et per fare che si prenda [rapprenda] como l’altre torte gli mettirai dentro un pocha di polvere di amitto [amido] incorporandola molto bene con queste altre cose, overo un pocho pocho di ova de luccio piste et passate per la stamegna che strengono molto et fanno prendere meglio. Et farali le soe croste di sotto et di sopra como all’altre torte. Et quando è cotta mettegli sopra del zuccharo, et dell’acqua rosata