La base del casatiello napoletano è semplice ed è quella del pane, fatto con la farina, l’acqua e il lievito madre (“criscito”). L’impasto viene lavorato a forma di ciambella, riposto in uno stampo e fatto lievitare a lungo, almeno 12 ore (se fatto con lievito rapido bastano circa 2 ore), quindi farcito con formaggi, uova, ciccioli, salumi e cotto in forno, meglio se a legna, per più di un’ora: un tempo si imbottiva il casatiello con quello che avanzava della macellazione invernale del maiale. Un ingrediente fondamentale è la sugna, ovvero il grasso del maiale, anche se il termine “casatiello” deriva dal suo ingrediente quantitativamente predominante, e viene dal latino “caseus”: cacio, formaggio.
Le origini del casatiello sono antichissime e si fanno risalire alla Napoli prima greca e poi romana. Nella letteratura greca i pani conditi con diversi ingredienti sono diffusi, anche come offerte votive. Inizialmente servito durante le feste primaverili greco-romane in onore di Demetra o Cerere, con il Cristianesimo il casatiello passò a simboleggiare, con la sua forma rotonda, la corona di spine di Cristo e la ciclicità insita nella Resurrezione di Pasqua. Nel Seicento Giambattista Basile lo citava con la pastiera napoletana ne “La Gatta Cenerentola”: “È venuto lo juorno destenato, oh bene mio: che mezzecatorio e che bazzara che se facette. Da dove vennero tante pastiere e casatielle?… Tanto che nce poteva magnare n’asserceto formato”.
Il casatiello, arricchito dal simbolo delle uova poste anche esternamente, con le strisce di pane che “ingabbiano” le uova intere, semisommerse nell’impasto, assieme al quale cuociono, è diventato sinonimo di Pasqua in Campania, ma è perfetto anche come pranzo al sacco, nei pic-nic tipici di Pasquetta e delle gite primaverili fuoriporta. La tradizione vuole che si mangi il sabato santo accompagnato da fave, salumi e ricotta salata; quello che avanza si consuma il lunedì di Pasquetta.
Esistono anche varianti dolci: il casatiello dolce, diffuso soprattutto nel casertano, nell’area vesuviana costiera, a Nola e a Procida, e preparato con uova, zucchero, strutto e decorato con glassa e “diavulilli” (in napoletano, “confetti colorati”).